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Aggiornato il 21/10/2019
Fin quando la casa messa all’asta non viene aggiudicata, la proprietà resta in capo al debitore; la casa è quindi abitabile fino al trasferimento, a meno che il debitore non ostacoli le visite o cerchi di impedire la vendita dell’immobile con comportamenti scorretti atti a minare la buona riuscita della vendita.
Il debitore in ogni caso non può disporre dell’immobile ai fini di un’eventuale vendita o donazione, non può modificarne la destinazione trasformandolo ad esempio da civile abitazione a ufficio, non può distruggerlo o deteriorarlo, non può affittarlo.
La precedente versione dell’articolo 560 del Codice di Procedura Civile conferiva al Giudice ampi poteri di ordinare lo sfratto del debitore tutte le volte in cui lo avesse ritenuto necessario ai fini di una più sollecita vendita. La norma disponeva infatti che: “il giudice dell’esecuzione dispone, con provvedimento non impugnabile, la liberazione dell’immobile pignorato quando non ritiene di autorizzare il debitore a continuare ad abitare lo stesso, o parte dello stesso, ovvero quando revoca la detta autorizzazione, se concessa in precedenza, ovvero quando provvede all’aggiudicazione o all’assegnazione dell’immobile”.
Con il decreto “semplificazioni” il Governo ha cambiato di nuovo le regole: la nuova versione della norma stabilisce che, nelle espropriazioni immobiliari iniziate dal 13 febbraio 2019, il debitore esecutato e i suoi familiari conserveranno l’immobile adibito a propria abitazione fino a che non verrà pronunciato il decreto di trasferimento.