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Pubblicato il 07/11/2022
Capita spesso di trovare beni all’asta per i quali, oltre al prezzo base viene indicata anche un’altra voce, vale a dire “offerta minima”. Cosa significa e qual è la differenza tra i due prezzi?
Il prezzo base di una vendita all’asta è l’importo con cui un bene viene messo all’asta, deciso sulla base di quanto indicato dall’Esperto Stimatore nella Perizia di stima.
L’offerta minima è la somma che il partecipante può offrire ed è inferiore del 25% rispetto al prezzo base.
A seguito della modifica dell’art. 571 del Codice di Procedura Civile, introdotta con il D.L 27.06.2015 n. 83 convertito con modificazioni dalla legge 06.08.2015 n. 132, è possibile presentare un’offerta per un importo inferiore del 25% rispetto al prezzo base indicato nell’avviso di vendita, la cosiddetta “Offerta minima”.
Si tratta di una delle più significative ed evidenti innovazioni introdotte dal D.L. 83 del 2015 nel settore dell’espropriazione forzata immobiliare.
La norma è regolamentata dal Codice di Procedura Civile, per cui fa esplicito riferimento alle esecuzioni ma non alle vendite concorsuali; è quindi difficile che nella prassi il Curatore voglia assumersi la responsabilità di accettare offerte ribassate correndo il rischio di esporsi a contestazioni.
Per cui, a meno che la possibilità sia compresa nel programma di liquidazione approvato dal Tribunale, è raro che nelle aste fallimentari siano consentite le offerte ridotte del 25%.
In assenza di domanda di assegnazione da parte del creditore procedente, se in corso d’asta è stata presentata una sola offerta, inferiore alla base asta, ma superiore o uguale all’offerta minima, vi è aggiudicazione, a meno che il GE/delegato non ritenga di procedere diversamente.
In presenza di domanda di assegnazione da parte del creditore, se l’offerta presentata in corso d’asta è inferiore alla base asta, ma superiore o uguale al minimo consentito, NON vi è aggiudicazione perché il bene viene aggiudicato al creditore.