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Aggiornato il 07/06/2022
Nella compravendita immobiliare, quando si firma il contratto preliminare, di solito viene versata al venditore una somma che può tradursi in acconto, caparra confirmatoria o caparra penitenziale.
L’acconto è un anticipo sul prezzo concordato e deve essere semplicemente restituito qualora non si concluda il contratto. L’acconto non comporta obblighi né per il venditore né per l'acquirente. Se si dovesse decidere ad un certo punto di non procedere con il rogito, il venditore dovrà restituire la somma versata a titolo di acconto.
La caparra confirmatoria: in questo caso, entrambe le parti si impegnano a concludere la vendita dell'immobile ovvero a giungere al rogito entro un lasso di tempo stabilito. Se una delle due parti viene meno agli accordi, impedendo quindi la stipula del rogito, la parte che ha determinato la mancata stipula del contratto dovrà pagare una penale: l'acquirente perderà la somma versata al momento della sottoscrizione della caparra; il venditore dovrà restituire all'acquirente il doppio della somma che questi ha versato in qualità di caparra. Se invece tutto fila liscio e il contratto viene stipulato, la somma versata in qualità di caparra fungerà da acconto e verrà dunque decurtata dal prezzo pattuito per la compravendita.
La caparra penitenziale, a differenza della caparra confirmatoria, è la somma eventualmente da versare per il recesso pattuito dalle parti. I contraenti cioè si riservano la scelta tra il recesso e l’adempimento. La caparra penitenziale è disciplinata dall'art. 1386 del Codice Civile, il quale dispone che "se nel contratto è stipulato il diritto di recesso per una o per entrambe le parti, la caparra ha la sola funzione di corrispettivo del recesso". La caparra penitenziale non ha funzione di risarcimento del danno per la mancata stipula del contratto, ma è un corrispettivo predeterminato del recesso per volontà unilaterale.